Crisi che preludono persecuzioni collettive

da "Il Capro Espiatorio; Gli stereotipi della persecuzione "
 
Renè Girard 1982

Le circostanze che favoriscono questi fenomeni non sono sempre le stesse. A volte si tratta di cause esterne come le epidemie o ancora una estrema siccità oppure un’inondazione, che provocano una carestia. A volte si tratta di cause interne, discordie politiche oppure conflitti religiosi. Fortunatamente la determinazione delle cause reali non è necessaria, per noi. Quali che siano in effetti le loro vere cause, le crisi che scatenano le gran» cli persecuzioni collettive sono sempre vissute più o meno nello stesso modo da quelli che le subiscono. L’impressione più viva è invariabilmente quella di una radicale rovina del sociale stesso, la fine delle regole e delle “differenze” che definiscono gli ordini culturali. Le descrizioni si somigliano tutte. Possono venire dai più grandi scrittori, per esempio, nel caso della peste, da Tucidide e da Sofocle fino al testo di Antonin Artaud, passando per Lucrezio, Boccaccio, Shakespeare, Defoe, Thomas Mann e molti altri ancora. Possono venire da individui senza pretese letterarie, e non differiscono mai di molto. Fatto non sorprendente poiché queste descrizioni dicono e ridicono instancabilmente la perdita di ogni differenza; si tratta de11’indifferenziazione dei Culturale stesso e di tutte le confusioni che ne risultano. Ecco, per esempio, quello che scrive il monaco portoghese Fco de Santa Maria nel 1697:
 
"Dal momento in cui divampa in un regno o in una repubblica questo fuoco violento e impetuoso, si vedono i magistrati frastornati, le popolazioni spaventare, il governo politico disarticolato. La giustizia non viene più rispettata', le attività si fermano; le famiglie perdono la loro coesione, e le strade la loro animazione. Tutto è ridotto in uno stato di estrema confusione. Tutto è rovina. Poiché tutto è colpito e sconvolto dal peso e dalla grandezza di una calamità così orrenda. Le persone, senza distinzione di condizione o di ricchezza, affogano in una tristezza mortale... Quelli che ieri seppellivano oggi sono seppelliti... Si nega qualsiasi pietà agli amici perché ogni forma di pietà è pericolosa...
Dato che tutte le leggi dell’amore e della natura giacciono sommerse o dimenticate tra gli orrori di una confusione così grande, i bambini vengono all’improvviso separati dai genitori, le mogli dai mariti, i fratelli o gli amici tra di loro... Gli uomini perdono il loro coraggio naturale e, non sapendo più quale consiglio seguire, vagano disperati, simili a ciechi che inciampano a ogni passo sulla loro paura e sulle loro contraddizioni."(1)


Il crollo delle istituzioni cancella o comprime le differenze gerarchiche e funzionali, conferendo a ogni cosa un aspetto insieme monotono e mostruoso. In una società non in crisi, l'impressione della differenza è suscitata allo stesso tempo sia dalla diversità del reale, sia da un sistema di scambi che “differenzia”, e quindi dìssimula, gli elementi di reciprocità che esso necessariamente comporta, pena la possibilità di non costituire più un sistema di scambi, cioè una cultura. Gli scambi matrimoniali, per esempio, o perfino lo scambio dei beni di consumo, non sono molto visibili in quanto scambi. Quando la società va verso la rovina, invece, le scadenze si ravvicinano, una reciprocità più rapida si instaura non soltanto negli scambi positivi, che non esistono più se non nella stretta misura dell’indispensa­bile (nella forma del baratto, per esempio), ma anche negli scambi ostili o “negativi”, che tendono a moltiplicarsi.

(1) Fco de Santa Maria, Hisloria das sagradas concregaçoes..., Lisbona 1697, in J. Delumeau, op. cit., p. 112, [trad it. cit., p. 174].

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