Del tondo metallo e della carta pesante

da Papalagi, Tuiavii di Tiavea, 1920

Ragionevoli fratelli, ascoltate con fiducia e siate felici di non conoscere il male dei bianchi e le loro angustie. Voi tutti mi siete testimoni che il missionario dice: «Dio è amore. Un onesto cristiano farebbe bene a tenersi sempre davanti agli occhi l'immagine dell'amore. Solo al grande Dio va quindi anche la devozione del bianco». Ebbene, il missionario ci ha mentito, ci ha ingannati, il Papalagi lo ha corrotto affinché ci ingannasse con le parole del Grande Spirito. Perché il tondo metallo e la carta pesante, ch'egli chiama denaro, questa è la 

vera divinità dei bianchi.

Quando un europeo parla dell'amor di Dio, torce la faccia e sorride. Sorride dell'ingenuità del tuo pensiero. Tendigli però un tondo pezzo di metallo o una grande carta pesante, e allora subito i suoi occhi s'illuminano e molta saliva gli giunge alle labbra. Il denaro è il suo amore, il denaro è il suo Dio. Tutti i bianchi pensano a esso, anche quando dormono. Ce ne sono molti le cui mani si sono fatte ricurve e assomigliano nel gesto alle zampe delle grandi formiche della foresta, per il tanto afferrare quel metallo e quella carta. Ce ne sono molti i cui occhi si sono fatti ciechi a furia di contare il denaro. Molti che per denaro hanno dato la gioia, il riso, l'onore, la coscienza, la felicità, sì, persino la donna e il figlio. Quasi tutti perdono la salute per il tondo metallo e la carta pesante. Se lo portano addosso nei loro panni, fra dure pelli ben ripiegate. Di notte lo depongono sotto il guanciale, perché nessuno glielo porti via. Ci pensano ogni giorno, ogni ora, ci pensano ogni minuto. Tutti! Anche i bambini! Devono, sono costretti a pensarci. La madre lo insegna loro e lo vedono fare dal padre. Tutti gli europei. Quando passi nelle fessure di pietra della Germania a ogni momento odi il grido: «Marco!» E di nuovo: «Marco!» Lo senti dappertutto. Quello è il nome ch'essi danno al tondo metallo e alla carta pesante. In Francia si chiama franco, in Inghilterra scellino, in Italia lira. Marco, franco, scellino, lira sono sempre la stessa cosa. Tutti vogliono dire denaro, denaro e sempre denaro. Il denaro soltanto è il vero dio del Papalagi, ciò che egli venera di più.

D'altra parte nelle terre dei bianchi non ti è neppure possibile restare dal levarsi al cadere del sole senza denaro, del tutto senza denaro. Non riusciresti a placare la tua fame e la tua sete, non troveresti una stuoia per la notte. Ti chiuderebbero in una prigione e metterebbero il tuo nome sui giornali perché sei senza denaro. Devi pagare, cioè dare denaro, per il terreno su cui cammini, per la terra su cui sorge la tua capanna, per la stuoia su cui dormi la notte, per la luce che illumina la tua capanna. Pagare per poter tirare a un piccione, per poter bagnare il tuo corpo nel fiume. Se vuoi andare là dove la gente si diverte, dove si canta o si balla, oppure vuoi chiedere consiglio a un fratello, per ogni cosa devi dare molto metallo rotondo e carta pesante. Devi pagare per ogni cosa. Ovunque, trovi un tuo fratello che allunga la mano e ti disprezza oppure si infuria se non ci deponi del denaro. E il tuo umile sorriso e lo sguardo più affettuoso non ti sono d'aiuto per addolcire il suo cuore. Lui spalancherà le fauci e ti griderà dietro «Miserabile! Vagabondo! Perdigiorno!» Tutte queste parole hanno lo stesso significato e rappresentano la più grande vergogna che possa ricadere su una persona. Sicuro, persino per la tua nascita devi pagare, e quando muori la tua famiglia deve pagare per te, perché sei morto e perché il tuo corpo possa trovare posto sottoterra, come pure per la grande pietra che faranno rotolare sulla tua tomba a eterno ricordo.

Ho trovato una sola cosa per la quale in Europa non viene ancora richiesto denaro e che ciascuno può usare nella quantità che vuole: l'aria da respirare. Credo però che si tratti solo di una dimenticanza, e non esito ad affermare che se in Europa qualcuno udisse queste mie parole, subito penserebbe a far incassare metallo rotondo e carta pesante anche per questo. Poiché tutti gli europei sono continuamente alla ricerca di nuovi motivi per pretendere denaro.

Senza denaro in Europa sei un uomo senza testa, un uomo senza membra. Un niente. Devi avere denaro. Ne hai bisogno per il cibo, per l'acqua da bere, per il sonno. Quanto più denaro possiedi, tanto migliore è la tua vita. Se hai denaro puoi avere in cambio tutto il tabacco che vuoi, gli anelli o i panni più belli. Hai molto denaro? Puoi avere molto. Perciò tutti ne vogliono avere molto. E ciascuno vuole averne di più degli altri. Da qui l'avidità e l'occhio teso al denaro in ogni ora del giorno. Getta un tondo metallo nella sabbia e i bambini vi si lanceranno sopra, lotteranno fra di loro per prenderlo e chi lo afferra e lo tiene, il vincitore, è felice. Ma raramente qualcuno getta denaro nella sabbia.

Da dove viene il denaro? Come puoi arrivare ad avere tanto denaro? Oh, in molte e diverse maniere, facili e difficili. Quando tagli i capelli a un tuo fratello, quando gli strappi le erbacce davanti alla capanna, quando conduci una canoa sull'acqua, quando hai un pensiero importante. Sì, per amore di giustizia va detto: anche se tutto richiede molta carta pesante e metallo rotondo, è anche facile ottenerne per tutto ciò che fai. Basta che tu ti dia da fare, cosa che in Europa si chiama lavorare. «Lavora e avrai denaro», dice una delle regole degli europei.

In ciò regna però una grande ingiustizia, sulla quale il Papalagi non riflette, non vuole riflettere, perché in tal caso dovrebbe ammettere la sua stessa ingiustizia. Non tutti coloro che hanno molto denaro lavorano molto. (Sicuro, tutti vorrebbero avere molto denaro senza però lavorare). E questo succede così quando un bianco guadagna tanto denaro da avere la sua capanna, il suo cibo e la sua stuoia, e oltre a questo anche molte altre cose, subito per il denaro che ha in più fa lavorare il fratello. Per sé. Gli dà per prima cosa il lavoro che ha reso dure e sporche le sue mani. Gli fa portare via gli escrementi che lui stesso ha deposto. Se si tratta di una donna, allora si prende una fanciulla che lavori per lei. E costei deve ripulire le stuoie sporche, lavare le ciotole, pulire le pelli da piedi, accomodare i panni strappati e non deve far nulla che non serva a lei. In questo modo lui o lei hanno tempo per fare altri lavori più lieti, più importanti e più gravi, per i quali viene pagato più denaro, un lavoro che lascia le mani più pulite e i muscoli più contenti. Se è un costruttore di barche, l'altro deve aiutarlo a costruire le barche. Del denaro che costui guadagna dandogli il suo aiuto, e che quindi dovrebbe appartenere a lui solo, l'altro gliene prende una parte, e cioè la parte più grossa, e non appena gli è possibile prende a lavorare per sé due fratelli, e poi tre, e sempre in maggior numero devono lavorare per lui a costruire imbarcazioni, e alla fine sono cento e anche più. Fino a quando lui non ha più niente altro da fare che stendersi sulla sua stuoia, bere kava (bevanda narcotica estratta dalla radice della omonima pianta, n.d.r.) europea e bruciare rotoli di tabacco, poi consegnare le barche finite e farsi portare il metallo o la carta che gli altri hanno guadagnato lavorando per lui. Poi la gente dice: «È ricco». Lo invidiano e lo lusingano in molte maniere e gli dicono parole sonanti, poiché il valore di un uomo nel mondo del bianco non è la sua nobiltà o il suo coraggio o lo splendore del suo pensiero, ma la quantità di denaro, quanto ne può fare in un giorno, quanto ne conserva nella sua grossa cassa di ferro, così pesante che nemmeno un terremoto la può distruggere.

Ci sono molti bianchi che ammucchiano il denaro che altri hanno fatto per loro, lo portano in un luogo ben custodito, ne portano lì sempre di più fino a che non hanno più neppure bisogno di gente che lavori per loro, perché a questo punto è il denaro che lavora per loro. Come ciò sia possibile senza qualche diabolica magia, non sono mai riuscito a saperlo del tutto: ma è vero che il denaro diventa sempre di più, come le foglie di un albero, e che in questi casi l'uomo diventa ricco anche quando dorme.

Ora, quando uno ha molto denaro, molto più della maggior parte degli altri uomini, così tanto che potrebbe con esso rendere il lavoro più facile a cento, mille uomini, lui non dà loro nulla; mette le mani sopra il metallo rotondo e siede sopra la carta pesante e c'è avidità e voluttà nei suoi occhi. E se gli chiedi «Che cosa vuoi fare con tutto quel tuo denaro? Qui sulla terra non puoi fare molto più che rivestirti, placare la tua fame e la tua sete», allora non sa che cosa rispondere, oppure dice: «Voglio averne ancora di più. Sempre di più. E ancora di più»... E, così, ben presto ti avvedi che il denaro lo ha fatto ammalare e che tutti i suoi sensi sono posseduti dal denaro.

È malato e invasato perché ha dato la sua anima al metallo rotondo e alla carta pesante, e non ne ha mai abbastanza e non può smettere di desiderarne sempre di più. Non è più capace di pensare: «Voglio andarmene dal mondo senza molestie e senza ingiustizie, così come ci sono venuto, poiché il Grande Spirito mi ha inviato nel mondo anche senza metallo rotondo e senza carta pesante». Assai pochi pensano a questo. Per lo più restano nella loro malattia, non guariscono mai nel loro cuore e godono del potere che dà il molto denaro. Si gonfiano d'orgoglio come frutti marci sotto le piogge tropicali. Con voluttà lasciano che molti dei loro fratelli facciano i lavori più duri, per poter essi stessi ingrassare nella pigrizia e prosperare. E fanno questo senza che la loro coscienza si ammali. Si vantano delle loro belle dita pallide che ora non si sporcano più. Il pensiero di derubare continuamente gli altri delle loro energie e di usarle per se stessi non li disturba e non toglie loro il sonno. Non pensano affatto di dare agli altri una parte del tanto denaro che hanno, per rendere loro più facile il lavoro e più lieve la fatica.

Così in Europa c'è una metà che deve fare molto lavoro sporco, mentre l'altra metà lavora poco o niente del tutto. La prima metà non ha mai tempo per starsene al sole, la seconda ne ha molto. Il Papalagi dice: «Non tutti gli uomini possono avere ugualmente tanto denaro e mettersi tutti contemporaneamente seduti al sole». Secondo questa dottrina egli si prende il diritto di essere crudele, per amore del denaro. Il suo cuore è duro e il suo sangue freddo, sì, egli mente, inganna, è sempre disonesto e pericoloso quando la sua mano si tende verso il denaro. Spesso un Papalagi ne uccide un altro per denaro. Oppure lo uccide con il veleno delle parole, lo stordisce con esse per rapinarlo. Perciò di rado uno si fida di un altro, perché tutti sono consapevoli della loro grande debolezza. Per questo tu non sai mai se un uomo che ha molto denaro è buono nel fondo del suo cuore, perché potrebbe anche essere molto cattivo. Noi non sappiamo mai come e dove ha preso i suoi tesori.

In compenso però anche l'uomo ricco non sa se l'onore che gli viene fatto si riferisce alla sua persona o al suo denaro. Il più delle volte è rivolto al suo denaro. Perciò io non comprendo perché si vergognano tanto coloro che non hanno molto metallo rotondo e carta pesante e invidiano il ricco, invece di essere loro a farsi invidiare. Perché come non è bene cingersi di troppo pesanti collane di conchiglie, così è per il greve peso del denaro. Esso toglie all'uomo il respiro e alle membra la giusta libertà.

Ma non un solo Papalagi vuol rinunciare al suo denaro. Non uno. Chi non ama il denaro viene ... denso, è stupido. «La ricchezza» (cioè l'avere molto denaro) «rende felici» dice il Papalagi. E ancora: «Il Paese che ha più denaro è il più felice». Noi tutti, voi, illuminati fratelli, siamo poveri. La nostra terra è la più povera sotto il sole. Noi non abbiamo tanto metallo rotondo e carta pesante da riempirne una cassa. Agli occhi del Papalagi siamo poveri mendicanti. Eppure! Quando vedo i vostri occhi e li confronto con quelli del ricco signore, trovo che i suoi sono opachi e spenti e stanchi, mentre i vostri brillano della grande luce, brillano di gioia, forza, vitalità e salute. I vostri occhi li ho trovati solo nei bambini dei Papalagi, prima che imparino a parlare, perché fino a quel momento non sanno ancora nulla del denaro. Quanto siamo stati privilegiati dal Grande Spirito, che ci ha protetti contro il demonio! Il denaro è un demonio, perché tutto ciò che fa è male e fa male. Chi soltanto tocca il denaro, rimane prigioniero del suo incanto, e chi lo ama deve fargli dono di tutte le sue energie e di tutte le sue gioie, fintanto che vive. Amiamo dunque i nostri nobili costumi, che dispregiano l'uomo che chiede una mercede per ogni ospitalità che dà, per ogni frutto che porge. Amiamo i nostri costumi che non sopportano che uno abbia tanto più di un altro o che abbia molto e l'altro nulla di nulla. Affinché nel nostro cuore non diventiamo come il Papalagi, che sa essere lieto e felice anche se il fratello che gli sta accanto è triste e infelice.

Guardiamoci soprattutto dal denaro. Il Papalagi porge ora anche a noi il suo metallo rotondo e la sua carta pesante, per renderci avidi di essi. Essi dovrebbero farci più ricchi e più felici. Già molti di noi ne sono stati accecati e sono caduti in quella grave malattia. Ma se voi credete alle parole del vostro umile fratello, se sapete che vi dico la verità quando affermo che il denaro non rende né più lieti, né più felici, ma piuttosto mette il cuore e tutto l'uomo in grande confusione, che con il denaro non si può mai veramente venire in aiuto di una persona, renderla più lieta o più forte e più felice, allora anche voi comincerete a odiare il tondo metallo e la carta pesante come i peggiori dei vostri nemici.

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