UN IMPERO ASTRATTO

da "La Crisi del Capitalismo Globale"
 
George Soros 1998

La prima domanda cui occorre dare risposta è se esista una cosa detta sistema capitalistico globale. La mia risposta è che sì, essa esiste, ma non è una cosa. Noi abbiamo una tendenza innata a reificare o a personificare concetti astratti: è un mec­canismo insito nella nostra lingua, ma le conseguenze possono essere negative. I concetti astratti assumono, per così dire, vi­ta propria, e poi è sin troppo facile imboccare il cammino sbagliato e distaccarsi dalla realtà. Tuttavia, non possiamo evi­tare di pensare in termini astratti, perché la realtà è davvero troppo complessa per essere compresa interamente. Ecco per­ché le idee svolgono un ruolo tanto importante nella storia, ancor più di quanto ce ne rendiamo conto. Ciò vale in particolar modo nell'attuale fase storica.
Il fatto che il sistema capitalistico globale sia un concetto astratto non lo rende meno significativo. Esso governa la no­stra vita come qualsiasi regime governa la vita delle persone. Si può paragonare il sistema capitalistico a un impero: un im­pero la cui portata è più globale di qualsiasi altro l'abbia pre­ceduto. Esso domina una civiltà intera e, come in altri imperi, coloro che si trovano fuori dai suoi confini sono considerati barbari. Non è un impero territoriale, perché manca della so­vranità e delle sue insegne; anzi, la sovranità degli Stati che ne fanno parte costituisce il limite principale del suo potere e della sua influenza. E quasi invisibile, perché non ha una struttura formale. Gran parte dei suoi sudditi non sanno nemmeno di essergli assoggettati o, più precisamente, ricono­scono di essere assoggettati a forze impersonali e a volte di­struttive, ma non capiscono di che cosa si tratti.
L'analogia con l'impero è giustificata perché il sistema ca­pitalistico globale domina davvero coloro che vi appartengo­no, e uscirne non è facile. Per giunta, esso ha un centro e una periferia, esattamente come un impero, e il centro pro­spera a spese della periferia. La cosa più importante è che il sistema capitalistico globale mostra alcune tendenze imperiali­stiche: lungi dal ricercare l'equilibrio, esso persegue accanita­mente l'espansione. Non è sazio finché vi sono mercati o ri­sorse che restano fuori della sua portata. Da questo punto di vista, il suo comportamento non è molto diverso da quello di Alessandro Magno o di Attila, re degli Unni, e le sue tenden­ze espansionistiche rischiano di provocare la sua rovina. Quando parlo di espansione, non l'intendo in termini geogra­fici, ma in termini di influenza sulla vita della gente.
A differenza del XIX secolo, in cui l'imperialismo ha trova­to una precisa espressione territoriale nelle colonie, la versio­ne attuale del sistema capitalistico globale è quasi interamente di tipo non-territoriale, o addirittura extraterritoriale. I terri­tori sono governati da Stati, e non di rado gli Stati frappon­gono ostacoli all'espansione del sistema capitalistico. Ciò vale persino per gli Stati Uniti, il paese più capitalistico tra tutti, anche se l'isolazionismo e il protezionismo sono temi ricor­renti della loro vita politica.
Il sistema capitalistico globale ha un carattere puramente funzionale, e la funzione cui adempie è (come stupirsene?) economica: è la produzione, il consumo e lo scambio di beni e servizi. E importante osservare che lo scambio non riguarda soltanto servizi e beni finali, ma anche i fattori stessi della produzione. Come osservarono Marx ed Engels centocinquant'anni fa, il sistema capitalistico trasforma la terra, il la­voro e il capitale in altrettante merci. Via via che si espande, la funzione economica giunge a dominare la vita degli indivi­dui e delle società. Essa penetra in sfere che precedentemente non erano considerate economiche, come la cultura, la politi­ca e le professioni.
Malgrado abbia un carattere non-territoriale, il sistema ha un centro e una periferia. Il centro fornisce capitali; la perife­ria li consuma. Le regole del gioco sono sbilanciate a favore del centro. Si potrebbe sostenere che il centro sia a New York e a Londra, perché è lì che si trovano i mercati finan­ziari internazionali; oppure a Washington, a Francoforte e a Tokyo, perché è lì che viene fissata la massa di denaro che circola nel mondo. Ma si potrebbe sostenere con altrettanta fondatezza che il centro si trova fuori da ogni confine, perché è lì che risiede la parte più attiva e mobile del capitale finan­ziario mondiale.

 

355 views and 0 responses